Leggendo l’etichetta del copripiumino, scopro che ” si consiglia di lavare alla rovescia e di non esporre direttamente al sole per mantenere vivi i colori nel corso del tempo” …

Sembra quasi una prescrizione medica … Sembra quasi che per salvare i nostri colori, nei maremoti delle nostre personalissime lavatrici, è bene lavare sì le macchie e rinnovare le fibre con acqua e sapone ma prestando cura, proteggendoli verso l’interno.

Badando che il disegno delle nostre lenzuola consumate e a volte lise, resti vivo più a lungo possibile, rinnovato intimamente nei colori dal vigore dell’acqua. Lenzuola pronte per essere asciugate, stirate dal vento, rigirate e finalmente stese per noi e per chi intimamente ci conosce, per chi fa parte di casa.

Ricordo il detto ” i panni sporchi si lavano in casa” …

Creato forse per ricordare di non pesare sull’altro ? Di non mostrare i propri mostri ? A non guardare il peccato sul candore dell’anima ? Eppure un tempo il bucato si faceva lungo il fiume, insieme, cantando. Ognuno certo intento a “rasentare” come dicono dalle mie parti, la propria macchia con la cenere di un focolare ma senza nasconderle … che di peccati forse forse non c’è ne erano di così grossi.

A volte addirittura si sostenevano,con la vicina, le lenzuola più lunghe e pesanti, per storcerle e strizzarle meglio …

“Dai Maria, gira ! Strizza ! ” E poi oooop una sbatacchiata al vento e qualche molletta sull’albero più vicino.

Forse che in quelle mani arrossate e screpolate dal vento e dall’acqua, nelle risate e prese in giro con la schiena curva, si nasconda la cura dei colori ?

Ogni lenzuolo portava con sé anni di vita, di notti in bianco, amori proibiti, sangue e piscio, morti, lacrime e nascite, ogni canovaccio legato per trama e ordito al sapore del pane lievitato e delle stoviglie asciugate…

e se il bucato pulito cadeva a terra ?

beh … Il fiume era ed è sempre lì ad attendere in e-statico movimento.

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